Superbonus, cosa succede adesso dopo lo stop del governo?
Superbonus, si chiude l’epoca dello sconto in fattura e della cessione del credito. Resta solo la possibilità di eseguire i lavori a proprie spese e provvedere in un secondo momento alla detrazione fiscale. La svolta è epocale anche per un istituto, cioè uno «sgravio fiscale», così giovane ma enormemente fortunato.
Il sunto della questione è questo: per i bonus che matureranno da ora in poi non ci sarà più la possibilità di ottenere lo sconto in fattura né di cedere i crediti. Resta solo la detrazione nella dichiarazione dei redditi. Questi i contenuti del decreto legge approvato giovedì 16 dal Consiglio dei ministri. Un provvedimento inserito all’ultimo momento per fermare una situazione, secondo il governo, «quasi fuori controllo», con gravi conseguenze sul debito. Rispondiamo a 5 domande.
A che cosa porterebbe un blocco delle cessioni del credito? Il decreto è in vigore da venerdì 17 febbraio. Per limitarci al Superbonus bisogna distinguere tre diverse situazioni. La prima è di chi ha già avviato i lavori e, soprattutto se ha eseguito almeno una cessione a Sal («Stato avanzamento lavori»), possibile quando si siano effettuate almeno il 30% delle opere: non ci dovrebbero essere problemi a ultimare il cantiere.
La seconda è di chi ha depositato la Cilas (la Comunicazione di inizio lavori) ma non ha ancora anche avviato le opere. Anche in questo caso si potrà ancora cedere il credito, ma il rischio è di incontrare una controparte bancaria non troppo disponibile.
La terza situazione invece appare chiara: per chi non ha ancora presentato la Cilas non ci sarà la possibilità di cedere il credito.
Il Superbonus però non viene eliminato? Senza cessione del credito è un bonus per pochi (e anche molto ricchi), perché per evitare l’incapienza fiscale servono redditi imponibili molto alti. E questo per i condomini. Per le villette si ricorre al quoziente familiare con valori piuttosto bassi, incompatibili con l’importo delle detrazioni di cui eventualmente godere. Un blocco avrebbe effetti pesantissimi sulle famiglie, sulle imprese e su tutta la filiera delle costruzioni.
Perché il meccanismo delle cessioni si è arenato? Le banche, dopo aver fatto il pieno di crediti, sono arrivate al limite della capienza fiscale; inoltre, diversi provvedimenti normativi e le interpretazioni talora date dalle Entrate consigliavano agli istituti di muoversi con molta prudenza per evitare il rischio, qualora finanziassero operazioni non regolari, di vedersi sequestrare il credito. Questo secondo aspetto è stato però superato dalla circolare del 6 ottobre 2022 delle Entrate, con cui si afferma che qualora la banca avesse effettuato adeguati controlli non poteva essere considerata responsabile in solido con il cedente. Questo principio viene recepito anche dal decreto.
Quali contromisure sono state prese per favorire la circolazione dei crediti? Dopo una prima cessione, fatta dal contribuente o all’impresa o a un qualsiasi soggetto, la seconda e la terza cessione devono avvenire obbligatoriamente a un soggetto vigilato (banca, finanziaria, assicurazione). Le banche possono ricevere anche una quarta cessione e a loro volta cedere alla clientela professionale. Finora è servito a poco.
È cambiato anche il quadro economico? Le cessioni, quando praticate, oggi sono prezzate tra 92 e 94 euro ogni 110 di credito, all’inizio venivano remunerate tra 100 e 104 euro. Significa che il Superbonus è comunque oneroso per il contribuente. Il blocco riguarda tutte le agevolazioni ma il peso dello stop è minore, perché le somme in gioco sono più basse, il rischio di incapienza è minore e la remunerazione è poco appetibile: per i bonus spalmati su dieci anni si ottiene, a fatica, il 70% del credito.
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